Akiyama Sumiko-sensei e lo shizen-no-jū-no-kata, ovvero non “come”, ma “perché”

I fratelli Stornaiuolo allo stage di Roma con Domenico Farina e la NihonDen® Judo ACSI per due giorni di serio studio e divertimento

ROMA – Il 3° stage nazionale (27-28 novembre 2010) organizzato dalla CTN NihonDen® Judo ACSI è andato oltre ogni mia aspettativa. Anche se probabilmente il prossimo appuntamento di Genova catalizzerà più riflettori, lo stage di Roma ha avuto il giusto seguito. Io e mio fratello Ivo non perdiamo nessuna occasione: Shigeya MatsumuraSumiko AkiyamaKatsuko UmezuEijirō ŌsakaToshirō Daigo, non sono soltanto i nomi di importanti maestri giapponesi. Essi sono i massimi scrittori della storia del Kōdōkan Jūdō di quest’epoca: rappresentano l’anima internazionale della seconda generazione degli allievi di Jigorō Kanō-shihan, e perdere un appuntamento così importante significa rinunciare per sempre alla connessione con la tradizione.

Questa volta è stata un po’ diversa da un anno fa a Modena, e forse il numero più ridotto di partecipanti e l’atmosfera più raccolta ha giovato al nostro apprendimento: la maestra Sumiko Akiyama e il maestro Alessio Oltremari ci hanno seguito personalmente per tutta la durata del corso e noi sinceramente ne abbiamo approfittato il più possibile.

Le lezioni hanno avuto come argomento principale il jū-no-kata dal momento che Akiyama-sensei è – seppur con qualche piccola differenza, insieme a Katsuko Umezu-sensei – è il punto di riferimento per l’insegnamento di questo kata al Kōdōkan. E pensare che si è addirittura ricordata della nostra partecipazione al Kōdōkan Kōshūkai 講道館 講習会 di quest’anno!…

Dicevamo del jū-no-kata. Dopo questi quattro anni di studio intensivo di questo kata, stavolta ci siamo resi conto di moltissime delle infinite differenze che intercorrono tra l’esibizione agonistica (alla quale forse ci siamo troppo abituati) e la dimostrazione tradizionale. Tante piccole differenze che tuttavia hanno una radice comune: l’obiettivo.

Se l’obiettivo è esibire la forma, allora è necessario codificare ogni singolo movimento, trasformare il kata in una sorta di coreografia, diventare attori ed interpretare il copione. Se l’obiettivo è la dimostrazione dei principî alla base del kata, allora bisogna prima di tutto capire i motivi per cui si chiama jū-no-kata.

Tale diversa ottica ci è stata suggerita dal maestro Oltremari, che non ci ha abbandonato nemmeno per un istante durante le lezioni: abbiamo provato insieme e ci ha elargito “un Fujiyama” di consigli che negli allenamenti futuri provvederemo a processare. Di fondamentale importanza quindi è assumere una nuova prospettiva, guardare al kata con una luce differente ed analizzarlo nell’ottica del “perché”, piuttosto che in quella del “come”.

Certo è che quest’evoluzione è assolutamente in linea con gli insegnamenti della maestra Mafalda Chiaro, quando ci disse che «il kata è come una poesia»: dopo aver dapprima imparato i versi e poi ad interpretarli, bisogna quindi capire soprattutto cosa vuole dire il poeta…

Per quanto riguarda la parte tecnica dello stage, al sabato, il maestro Pasquale Izzi ci ha introdotto all’allenamento consapevole e al sen-no-sen, ovvero alla ricerca dell’iniziativa sull’iniziativa, principio tecnico di grandissima difficoltà concettuale ed applicativa, visto da molti come obiettivo ultimo dello studio del waza; mentre il maestro Marco Poli ha dimostrato qualche utile azione di ne-waza nella mattina di domenica.

Luca Stornaiuolo

Arbitro Nazionale Coni-Fijlkam di 1ª categoria, 4° dan di jūdō, allievo del maestro Raffaele Parlati 7° dan della Nippon Club Napoli, membro della Rappresentativa Campana dal 1999 al 2003 e di Kata dal 2008 al 2012. Diplomato al Kōdōkan di Tōkyō in jū-no-kata e Kōdōkan-goshin-jutsu. Ingegnere informatico, lavora come Senior Software Engineer. Autore del libro "Jū no Kokoro - Le mie ricerche di jūdō - Vol.1".

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