Dialoghi con Cesare Barioli…

Questo articolo vuole umilmente ricordare il maestro Cesare Barioli (17 agosto 1935 – 13 luglio 2012), pioniere del judo italiano a partire dalla seconda metà degli Anni ’50. In altri articoli potete trovare tutte le informazioni biografiche e sportive relative al grande maestro, ma non qui. Qui leggerete solo quello che il maestro mi ha donato “gratuitamente” in termini di risposte, riflessioni, provocazioni ed approfondimenti circa il judo. Il maestro ed io non ci siamo mai conosciuti personalmente; ciononostante – sulla base del fatto che lui conosceva molto bene i miei maestri – tra noi iniziò una intensa corrispondenza “virtuale”.

Cesare Barioli

Cesare Barioli

Cesare Barioli, senza troppe cerimonie e in modo brusco e deciso (come era solito fare sempre!), mi onorò donandomi la sua ultima grande opera sul judo “Kano Jigoro Educatore” che per me ha rappresentato una tappa veramente significativa nella mia cultura (generale e) judoistica. Era un uomo geniale ed eccentrico, dotato di una cultura immensa, che – per il suo carattere permaloso e a volte rude – era molto spesso in polemica con ogni forma di vita esistente sulla Terra. Prese molto presto le distanze dalla federazione italiana di judo e arti marziali, tant’è che ancora oggi – dopo la sua morte – per l’attuale Fijlkam Barioli ha il grado di 4° dan (conseguito ufficialmente nel lontano 1971)…

Il mio “viaggio” nell’universo umano e culturale di Cesare Barioli iniziò nel settembre del 2011 e fu – veramente! – breve ma intenso, quasi fosse stato un maremoto immenso della durata di pochi attimi. Presi contatti con il grande judoka per avere qualche risposta alle mie domande sul judo. All’epoca era già molto malato e infatti, in una delle prime e-mail, mi scrisse:

“Filippo non ho tempo per rispondere a mille domande. Sto morendo. Ho un tumore maligno e ho smesso di fare la chemioterapia”.

Ciononostante mi rispose sempre, con dovizia di particolari, denotando una cultura che ho avuto fino ad ora la fortuna di conoscere in rarissime persone (che conto sulle dita di una mano!). Barioli mi scrisse che:

“Dal 1° settembre (2011) sto svolgendo un “corso di specializzazione” sul ki e sono pieno di testimonianze su una diversa forma di affrontare il sonno, sulla differenza di atteggiamento sul lavoro; addirittura una ragazza mi ha confidato che il fidanzato si è accorto che lei baciava in maniera diversa… Nel judo e nella vita ci devono essere delle esaltazioni: lo studio del ki in ogni gesto cambia la personalità. Il primo passo nella Via consiste nel valorizzare le proprie facoltà (il Miglior Impiego dell’Energia)”.

Affrontando il “pericoloso” tema dei suoi rapporti con la federazione e parlando, in specifico, di alcune persone il maestro mi scrisse:

“Io non valuto le persone perché mi fanno comodo (ad esempio se partecipano all’ideale del judo tradizionale), ma per il sentimento che nasce con gli anni e per la valutazione della loro onestà e affidabilità”.

Parole, queste, importanti con le quali Barioli mi diede l’impressione che la questione relativa alle vicende accadute con la federazione negli Anni ’70 fosse per lui – per certi versi – ancora aperta. Nel senso che, a parer mio, pur rinnegando e criticando i sistemi educativi, sportivi, culturali e dirigenziali della federazione, Barioli aveva il grande rimpianto di non essere riuscito – insieme ad altri, ovviamente – a creare un unico grande movimento judoistico nazionale.

Alla mia affermazione che, in fin dei conti, l’ideale di Jigoro Kano di diffondere nel mondo il judo a fini educativi era fallito ed i suoi ideali erano stati completamente traditi, Barioli mi rispose così:

“Tutta la vita del Signor Kano è influenzata dalla storia del Giappone, dal 1860 al 1938. Certamente il fatto che i praticanti crescessero in modo esponenziale fu un fatto che travolse Kano, in senso tecnico. Ma ancor più l’hanno fatto i militari in senso politico e nel ’38 la discussione era come utilizzare il Kodokan, requisito interamente per l’addestramento delle truppe militari speciali e abbandonato dai suoi maggiori rappresentanti che non condividevano la guerra. I militari non si sono imposti senza fare vittime. Prova a pensare a cosa accadeva nello stesso periodo in Italia: chiediti perché il Regio Istituto di Fisica dell’Università di Roma, fondato dal senatore Orso Maria Corbino e guidato da Enrico Fermi non abbia mantenuto la supremazia mondiale negli studi di Fisica Teorica…”.

Discorsi che mi affascinarono e che mi dettero lo stimolo per approfondire le mie conoscenze sul tema. Discorsi che Barioli padroneggiava in modo eccelso, senza forzature né eccessi stilistici. Proseguendo nel nostro scambio di battute il maestro sentenziò che:

“Il problema più grosso, oggi, è culturale e fin’ora nel judo tradizionale è stato sempre risolto col rapporto maestro-allievo”.

Barioli era un vero e proprio umanista, nel senso più autentico del termine! Non solo contribuì a diffondere il judo in Italia, plasmando quella che poi sarebbe divenuta la federazione di lotta giapponese e arti marziali (ora Fijlkam), ma anche lottò con tutte le sue forze e le sue energie per introdurre un ideale di Educazione vera ed autentica, da trasmettere tramite il judo tradizionale.

Il maestro Cesare Barioli si spense esattamente 10 mesi dopo il nostro scambio di opinioni. Nell’ultima e-mail che mi spedì, tra tante altre considerazioni, mi scrisse:

“È terribile l’ignoranza che si è diffusa in questi tempi”.

Spero che queste parole facciano riflettere tutti i praticanti di judo di qualsiasi livello e grado.

Filippo Turrini

Aspirante Allenatore Coni-Fijlkam, 2° dan di jūdō. Allievo anziano dei maestri Doriano Cordioli 6° dan e Dario Vuerich 4° dan, con i quali collabora negli allenamenti giovanili. Dottore Magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Verona. Autore del libro "Storia dell'uomo che cambiò il Giappone".

2 commenti:

  1. Eh beh, non c’è cosa più vera dell’ultima citazione riportata! In fondo, è anche facile comprenderla questa verità. Una verità che fa male e che rende il futuro ancor più incerto. Per tante persone, arrivate ad ottenere incarichi e posizioni elevate, capeggiando per decenni senza creare alcuna opportunità ai posteri è cosa assai nota. Tant’è che cercare di far restare nell’ignoranza chi è al di sotto di loro è l’unico modo per continuare a sedere su quelle comode poltrone…
    Purtroppo fino a quando non accade una vera rivoluzione e queste persone non vengono mandate via a calci nel sedere sarà difficile trovare l’uscita da questa caverna oscura e riuscire finalmente a guardare il sole!!

    • Sono perfettamente d’accordo.
      L’attuale nomenklatura federale – a tutti i livelli – non sembra essere sempre all’altezza delle sfide che si trova ad affrontare, nonostante sia anche capace di cose egregie.
      Fin quando il judo non costituirà una federazione a sé, diretta da veri maestri e non da politicanti, non sarà mai elevato al rango di metodo educativo (quale è) ma resterà sempre e solo uno sport di nicchia.

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