Non ho progetti: l’occasione è i miei progetti

Miyamoto Musashi

Utagawa Yoshitora, Kyūshū Ganryūjima ni oite Miyamoto Musashi Sasaki Ganryū shiai zu

Per Jigorō Kanō il kōgi 講義 era uno dei quattro pilastri dell’insegnamento del judo: la lezione del maestro ai suoi allievi che trascende i confini del tatami e che vuole essere un momento di riflessione e di introspezione finalizzata alla crescita morale dell’individuo. Un solo momento che però può anche cambiare una vita intera.

Ieri sera sul tatami il maestro Parlati ha parlato di bushidō 武士道, ha letto quello che è considerato il “credo del samurai” e ha invitato tutti a riflettere sul proprio impegno durante gli allenamenti.

Non ho genitori: il cielo e la terra sono i miei genitori
Non ho casa: tanden1 è la mia casa
Non ho poteri divini: la lealtà è il mio potere divino
Non ho mezzi: l’obbedienza è il mio mezzo
Non ho poteri magici: la forza interiore è il mio potere magico
Non ho né vita né morte: Óm2 è la mia vita e la mia morte
Non ho corpo: la forza è il mio corpo
Non ho occhi: il lampo è i miei occhi
Non ho orecchie: la sensibilità è le mie orecchie
Non ho membra: la prontezza è le mie membra
Non ho leggi: l’autodifesa è le mie leggi
Non ho strategia: uccidere e ridare la vita sono la mia strategia
Non ho progetti: l’occasione è i miei progetti
Non ho miracoli: la legge è i miei miracoli
Non ho principî: l’adattamento è i miei principî
Non ho tattiche: il vuoto e la pienezza sono le mie tattiche
Non ho talento: la prontezza della mia mente è il mio talento
Non ho amici: la mia mente è i miei amici
Non ho nemici: l’imprudenza è il mio nemico
Non ho armatura: buona volontà e rettitudine sono la mia armatura
Non ho castello: fudōshin3 è il mio castello
Non ho spada: mushin4 è la mia spada

Ogni verso meriterebbe una lunga e dettagliata spiegazione, ma ognuno attraverso le sue conoscenze e la sua sensibilità può carpirne e capirne il significato.

In particolare, il lavoro quotidiano che si fa sul tatami richiede al judoka molte delle qualità del samurai: lealtà, obbedienza, forza interiore e forza fisica, sensibilità, prontezza, adattamento, buona volontà e rettitudine… Ma tutto ciò purtroppo non è ancora abbastanza. Ciò che manca è qualcosa che ritroviamo anche nelle nostre radici, nella nostra storia:

Dum loquimur fugerit invida aetas:
carpe diem, quam minimum credula postero.[1]

Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse:
cogli l’attimo, confidando il meno possibile nel domani.

Lo stesso invito di Orazio a vivere il presente nel modo migliore possibile lo ritroviamo nel bushidō:

Non ho progetti: l’occasione è i miei progetti

Perché? Perché sul tatami bisogna impegnarsi sempre al massimo delle proprie possibilità? Semplice quanto tremendamente vero: perché le occasioni non ricapitano!

Nello shiai 試合 se l’avversario è più allenato, più capace o più esperto, accettiamo la sconfitta con onore e ammirazione, con “sportività”; ma se veniamo sconfitti per i nostri errori (per aver concesso troppo all’avversario, per aver preso troppo alla leggera gli allenamenti, per non aver prestato la dovuta attenzione al maestro…) allora il rimorso ci perseguiterà per tutta la vita. Ciò che accade sul tatami è un’anticipazione di ciò che ci può accadere nella vita, perciò bisogna prendere molto sul serio tutto ciò.

«Sul tatami non si gioca». È vero! La vita non è un gioco e certi treni non passano due volte… Ed è altrettanto vero che il judoka non è solo un uomo. È un guerriero.

花は桜木人は武士
hana wa sakuragi, hito wa bushi
tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero

Ed oggi il vero guerriero è colui che combatte per realizzare i propri sogni e le proprie ambizioni. Con costanza, lealtà e spirito di adattamento raggiungerà i propri traguardi: primeggerà nella vita così come sul tatami.


1 Tanden 丹田, zona tra l’ombelico e il pube prossima al centro di massa dove secondo lo zen risiede il ki 気, l’energia vitale.
2 Óm ॐ, come mantra, è il più sacro e rappresentativo della religione induista. È oggetto di riflessioni teologiche e filosofiche, nonché strumento di pratica religiosa e meditativa.
3 Fudōshin 不動心, è l’impertubabilità.[2]
4 Mushin 無心, forma abbreviata di mushin-no-shin 無心の心, è un concetto di difficile rappresentazione. Mu 無 è l’assenza, la negazione, la vacuità; shin, kokoro 心 è traducibile con mente o cuore a seconda del contesto, o più precisamente è l’insieme di mente e cuore. Di conseguenza il mushin è lo stato in cui «non esistono pensieri e la mente vaga libera nel corpo, permeando completamente il ».[2]

[1] Orazio, Carmina, 1, 11, 8.
[2] Takuan Sōhō, La mente immutabile. Scritti di un maestro zen a un maestro di spada, Luni Editrice, Milano, 2004.

Luca Stornaiuolo

Arbitro Nazionale Coni-Fijlkam di 1ª categoria, 4° dan di jūdō, allievo del maestro Raffaele Parlati 7° dan della Nippon Club Napoli, membro della Rappresentativa Campana dal 1999 al 2003 e di Kata dal 2008 al 2012. Diplomato al Kōdōkan di Tōkyō in jū-no-kata e Kōdōkan-goshin-jutsu. Ingegnere informatico, lavora come Senior Software Engineer. Autore del libro "Jū no Kokoro - Le mie ricerche di jūdō - Vol.1".

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