Il rispetto del “jita-kyoei” 自他共栄

In questi ultimi due mesi – in concomitanza con la pubblicazione del mio primo libro – ho visitato vari dojo, tutti diversi fra loro ma parimenti interessanti e ricchi di amici con cui condividere la gioia di praticare Judo e diffondere un pizzico di cultura. Anni fa non davo alcuna importanza a questo tipo di esperienze, ignorando completamente gli enormi benefici che ognuno di noi può trarre dall’incontro con “l’altro”. Viviamo in un’epoca nella quale la tecnologia ha preso il sopravvento e spesso, senza rendercene conto, preferiamo comunicare con le persone tramite smartphone, piuttosto che fare una bella telefonata e gustare, almeno, il piacere di una conversazione.

Proprio oggi, più che mai, ritengo sia di vitale importanza riscoprire il dialogo (dal greco διάλογος, ossia “crescere attraverso il discorso”) ed il confronto, uniti ovviamente all’incontro ed alla condivisione di momenti formativi comuni. La bellezza di tali esperienze sta nel fatto che emergono inevitabilmente una marea di opinioni personali che, in linea di massima, possono essere ricondotte a tre categorie:

  1. opinioni concordanti e simili alla propria idea;
  2. opinioni neutre di chi non prende posizione;
  3. opinioni discordanti e diverse dalla propria idea.

Tale diversità costituisce indubbiamente un “patrimonio” che contribuisce, anche se non sempre siamo disposti ad ammetterlo, alla nostra crescita morale e culturale. Trovare infatti chi la pensa come noi può farci capire che la nostra idea è valida e che vale la pena di continuare a sostenerla; imbattersi negli scettici (o negli “eterni indecisi”) può aiutarci a migliorare le nostri doti persuasive e comunicative per fare in modo di condurre una persona verso la nostra teoria. Infine, dialogare con chi ha una idea opposta alla nostra è di gran lunga la situazione più stimolante, che può evolversi nei modi più inaspettati.

In tale quadro non si devono mai dimenticare dei principi generali che vanno seguiti il più possibile se non si vuole scadere nella prevaricazione del prossimo, nella “rissa verbale” e nel relativismo sfrenato (ossia nel classico dibattito politico televisivo!); questi principi sono estremamente semplici ma enormemente importanti e sono:

  • il costante rispetto della persona che ci sta davanti;
  • il rispetto delle idee e delle convinzioni dell’interlocutore;
  • l’educazione, sia nel parlare che nell’agire;
  • il saper ascoltare;
  • il saper accettare che non tutti la pensano nel nostro stesso modo.
seiryoku-zenyo

Le massime di Jigoro Kano: seiryoku-zen’yō (精力善用 il miglior impiego dell’energia) e jita-kyō’ei (自他共栄 tutti insieme per il mutuo benessere). Calligrafia di Kazuo Ito, 10° dan.

Dunque, tornando al discorso di apertura, nei dojo che mi hanno ospitato ho conversato con persone diversissime, ognuna con le sue idee, che tuttavia si sono dimostrate in linea con il mio pensiero. E sono emerse molte cose importanti che mi hanno fatto riflettere. Nel mondo del Judo, in Italia, ci sono stati alcuni maestri (della stessa associazione culturale) che hanno seguito una loro personale linea di pensiero, controcorrente e piuttosto polemica, in continua opposizione con altre realtà e idee. Tale “scuola di pensiero” non ha mai accettato il compromesso ed è arrivata a sostenere una visione estrema e ultrapersonale del Judo e dei suoi principi.

Ebbene, al di là della bontà o meno delle teorie e delle idee di questa scuola di pensiero, ciò che più mi ha colpito negativamente è stato il netto e deciso rifiuto al confronto. Frasi del tipo: «Questa cosa l’ho detta io e se non ti sta bene puoi anche scendere dal tatami» sono del tutto inaccettabili! Inoltre, trovo altrettanto inconcepibile “inventare” concetti di sana pianta per avvalorare le proprie teorie, spacciandole per la verità assoluta e dominante.

Espressioni come «Il Kodokan di Tokyo ha da tempo tradito gli insegnamenti di Jigoro Kano» non hanno senso e chi al Kodokan c’è stato può senz’altro confermarlo: è vero, non si seguono alla lettera tutti i dettami del Fondatore ed a volte ci sono episodi discutibili, ma affermare che i maestri giapponesi, al Kodokan, non trasmettano più il Judo di Jigoro Kano è una vera e propria eresia, forse creata ad arte per “tirare l’acqua al proprio mulino”.

Per di più, la cosa forse più intollerabile è che tali teorie “fantascientifiche” sono professate anche da maestri che non hanno minimamente la cultura e la preparazione necessarie per fare discorsi del genere; chi si sottrae al confronto ed al dialogo non merita di essere seguito. Chi non ha l’umiltà di mettersi in gioco e di ascoltare non merita fiducia. Chi diffonde informazioni false o alterate per scopi personali tiene una condotta riprovevole che non ha nulla a che vedere con il Judo ed i suoi principi.

Un buon judoka deve tenere sempre alta la guardia e vagliare il più possibile le nozioni apprese, mediante il costante rapporto dialogico con il prossimo. Allora, e solo allora, il principio del jita-kyoei si riempie di significato, inducendoci così a rispettare veramente il Judo e Jigoro Kano, suo Fondatore.

Filippo Turrini

Aspirante Allenatore Coni-Fijlkam, 2° dan di jūdō. Allievo anziano dei maestri Doriano Cordioli 6° dan e Dario Vuerich 4° dan, con i quali collabora negli allenamenti giovanili. Dottore Magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Verona. Autore del libro "Storia dell'uomo che cambiò il Giappone".

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