YouTube non è un dōjō

Fino a qualche anno fa i jūdōka di mezzo mondo durante la pratica si attenevano più o meno scrupolosamente a ciò che veniva loro insegnato dai rispettivi sensei. Poi iniziarono a circolare i primi libri di maestri “famosi”, sia quelli che sono rimasti nella Storia, sia quelli che oggi fanno ridere per la quantità e la qualità delle imprecisioni; però già si iniziava ad accettare come autorevole una fonte che non era il proprio sensei. Il più delle volte erano testi tecnici: il “passaggio di lotta a terra” che nessuno conosce, una guida passo-passo all’esecuzione del kata… Io personalmente posso dire di aver tirato fuori dal cilindro alcuni masterpiece di Isao Okano (功 岡野) durante il ne-waza, molti anni fa, con grande sorpresa mia e dei miei compagni di allora…

Oppure quando non giravano ancora le cosiddette “cassette del Kodokan” (ossia le VHS), sempre in bella mostra agli stand nei vari tornei, ma che pochissimi compravano perché costavano cifre assurde… e che essenzialmente servivano per aiutare a preparare i kata in vista degli esami di graduazione. Anche se molti di quei video oggi sono piuttosto obsoleti.

Quando feci da uke al mio sensei Raffaele Parlati per l’esame di godan quando io ero appena un’ikkyū sbarbatello, studiammo da quello che allora già mi sembrava un libro vecchissimo. Non potrò mai dimenticare cosa successe poi all’esame: un anziano signore vedendoci eseguire shōmen-zuke (正面附) ritenne opportuno chiederci «ma da dove l’avete studiata?» avendo premura di dimostrarci subito la versione “giusta”. Potete immaginare come sia andata a finire: quel signore venne irrimediabilmente bocciato.

Shomen-zuke 正面附

Shomen-zuke 正面附

Eppure l’episodio è significativo: quando la fonte è autorevole, che sia una persona o no è estremamente difficile che l’informazione sia errata. Dunque qualcuno potrebbe sentirsi legittimato a pensare che è inutile andare al dōjō, basta leggersi qualche buon libro comodamente in poltrona… E invece no, non funziona così. Il testo può infatti essere d’ausilio all’apprendimento, può rivelarsi importantissimo in certe circostanze, ma solo quando il livello di preparazione e di esperienza di base è già alto. Il judo è un’arte marziale molto razionale, a tutto c’è un motivo, sia che si resti sul piano funzionale sia che si voglia andare sul piano semiotico.

E su qualsivoglia piano si voglia stare, il sensei è assolutamente fondamentale.

Qui poi si apre una finestra sul mondo della “ricerca” del sensei perfetto (che ovviamente non esiste), ma questo è un altro discorso.

Invece, fenomeno nuovo e allarmante è quello dell’apprendimento grazie ai video di YouTube. Dato che il mondo è pieno di imbecilli di ogni sorta e che le madri di codesti sono sempre incinte, vi invito a leggere questa question e relative answers su Yahoo Answers Italia.

Ecco, questi sono i risultati. Due emeriti imbecilli ad un certo punto delle loro vite, dopo aver visto qualche video su YouTube, si convincono di aver imparato qualche tecnica di chissà cosa dimostrata da chissà chi e chiedono come fare per ottenere un certificato al fine di aprire una palestra ed insegnare…

Naturalmente non nego la possibilità di imparare qualcosa da certi video, ma YouTube non è un dōjō, né un sensei! E purtroppo ciò non è affatto compreso né dalla massa in genere né purtroppo nemmeno da molti yūdansha, ed è questo che è grave! È come imparare a giocare (o peggio a fare il coach!) in una squadra di calcio guardando Maradona dei tempi d’oro o Messi in televisione, né più né meno.

Personalmente a questo punto mi chiedo se non sia il caso di prendere provvedimenti seri, con precise leggi a tutela delle competenze e del lavoro quotidiano di tanti bravi maestri, per limitare l’espansione di tale pericoloso fenomeno i cui negativi effetti in qualche modo potrebbero (se non l’hanno già fatto) ricadere pesantemente sulle arti marziali, e in primis sul jūdō.

Altrimenti tra un po’ dovremmo chiederci «ma YouTube che dan è?»

Luca Stornaiuolo

Arbitro Nazionale Coni-Fijlkam di 1ª categoria, 4° dan di jūdō, allievo del maestro Raffaele Parlati 7° dan della Nippon Club Napoli, membro della Rappresentativa Campana dal 1999 al 2003 e di Kata dal 2008 al 2012. Diplomato al Kōdōkan di Tōkyō in jū-no-kata e Kōdōkan-goshin-jutsu. Ingegnere informatico, lavora come Senior Software Engineer. Autore del libro "Jū no Kokoro - Le mie ricerche di jūdō - Vol.1".

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