Un ringraziamento sincero

Come forse saprete già, il fondatore del jūdō, il Prof. Jigorō Kanō, nacque a Mikage (non molto lontano da Ōsaka), il 28 ottobre 1860. Brian N. Watson ci dà alcune notizie sulla famiglia Kanō:

Tecnicamente, come vuole la tradizione, ereditò il cognome dal padre, ma in realtà, il nome Kanō gli era stato trasmesso dai suoi antenati materni. La madre di Jigorō, Sadako, era la figlia più anziana di un ricco produttore di saké, che non aveva avuto alcun figlio maschio che potesse ereditare la ditta di famiglia e mantenere in vita il casato. Prima di sposare Sadako, il padre di Jigorō, Jirosaku, accettò di […] assumere il cognome di sua moglie in modo che potesse esser tramandato alle generazioni future.

A parte il suo coinvolgimento nella ditta di famiglia dei Kanō, Jirosaku era anche il proprietario di una compagnia di trasporti. Il suo lavoro gli imponeva di viaggiare molto, spesso verso Ōsaka e Tōkyō, dove aveva una casa. […] Sadako Kanō era una madre molto severa, ma a detta di tutti, Jigorō, il figlio minore, ebbe un’infanzia felice sotto la sua tutela.

Nel 1869, quando Jigorō aveva solo nove anni, Sadako Kanō si ammalò e morì. […] Nel 1870, suo padre decise di mandare Jigorō in una scuola di Tōkyō, dove avrebbe potuto ricevere l’istruzione necessaria per superare le sfide della vita nel mondo moderno. Così, in quello stesso anno, accompagnato dal fratello maggiore Kensaku, il piccolo Jigorō lasciò il suo villaggio natale per andare a Tōkyō; fu un viaggio che segnò un’importante pietra miliare nella sua vita.[1]

Ed è così che inizia l’avventura del “piccolo Jigorō” nel mondo che proprio grazie a lui cambierà, mediante il jūdō…

Questo numero di “Jūdō”, è dedicato proprio alla figura dello Shihan e vuole celebrare il 150° anniversario dalla sua nascita, ma si noti bene che la mia non è una semplice dedica pro forma: i miei sentimenti di gratitudine e rispetto sono sinceri e profondi, e vorrei cercare di spiegarne qui brevemente i perché. Fondamentalmente i motivi sono due.

Il primo, è per così dire “psicomotorio“, e riguarda i miei primi otto/dieci anni di vita. Quando ho conosciuto il jūdō ero anch’io uno dei tanti bambini irrequieti e indisciplinati, traumatizzati dalla piscina (a causa di cattivi istruttori e dei troppi iscritti), e della serie «è bravo ma potrebbe fare di più» come dicono tutti gli insegnanti incapaci. Il jūdō, attraverso il maestro Raffaele Parlati – che, come per tanti altri ragazzi, è stato per me un secondo padre – ha avuto un ruolo determinante nella formazione del mio carattere e della mia costituzione fisica. Come fu il jūjutsu per il giovane Jigorō Kanō, il jūdō lo è stato per me, e devo ringraziare le capacità e la lungimiranza dello Shihan se oggi la nostra disciplina è riconosciuta ovunque come il migliore metodo educativo per i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo.

Il secondo motivo riguarda invece la mia “weltanschauung“. Il Fondatore ci ha lasciato, tra gli altri, due importanti insegnamenti sinteticamente espressi in “seiryoku-zen’yō” e in “jita-kyōei“. Questi due concetti sono la sintesi di una vita di ricerche e esperienze incentrate sul jūdō ma interessanti ogni campo e aspetto della vita quotidiana. Il “miglior impiego dell’energia” mi ha portato ad amare tutto ciò che è razionale e funzionale, a saper discernere l’essenziale dal superfluo e quindi a preferire l’essere all’apparire. Il “tutti insieme per progredire”, d’altra parte, ha indirizzato la mia etica e le mie idee sulla società e la politica, ma soprattutto mi ha dato la consapevolezza che ognuno di noi, da solo, è perfettamente inutile.

«Il valore dell’essere umano si determina nella misura in cui sia grande o piccola la sua capacità di contribuire al bene collettivo.»

Jigorō Kanō  治五郎 嘉納

È secondo me la massima del pensiero del Prof. Kanō che sintetizza gli obiettivi a cui aspira il jūdō, e quindi non è un caso che sia la mia citazione preferita. Dovremmo tutti riflettere a fondo su ciò.

どうも有難う御座いました。
Grazie Shihan.

 

[1] da: “Il Padre del Jūdō“, Brian N. Watson, maggio 2005.

Luca Stornaiuolo

Arbitro Nazionale Coni-Fijlkam di 1ª categoria, 4° dan di jūdō, allievo del maestro Raffaele Parlati 7° dan della Nippon Club Napoli, membro della Rappresentativa Campana dal 1999 al 2003 e di Kata dal 2008 al 2012. Diplomato al Kōdōkan di Tōkyō in jū-no-kata e Kōdōkan-goshin-jutsu. Ingegnere informatico, lavora come Senior Software Engineer. Autore del libro "Jū no Kokoro - Le mie ricerche di jūdō - Vol.1".

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